Palazzo imperiale di Costantinopoli, sala del concistoro, 10 aprile 491

“Non può finire bene. Non può finire bene. Ci sono troppe variabili impazzite in questa maledetta storia!”
L’eunuco Urbicio non riesce a calmarsi. Passeggia su e giù per la sala del concistoro, misurando con i suoi passettini nervosi il pavimento di porfido rosso, come un’anima in pena.
Il comandante Giustino, seduto su uno degli scranni solitamente occupati dai ministri del governo, trova che assomigli ad una pentola di fagioli sul fuoco: rotondo e borbottante.
“Calmati. Andiamo, non è la prima volta che muore un imperatore senza eredi. Il senato sceglierà il successore. Serve a quello.”
Urbicio sospira. È amico di Giustino da molti anni. Sono arrivati a palazzo insieme, quando erano entrambi ragazzi. Urbicio da una lontana provincia, dove la sua famiglia lo aveva fatto evirare appena venuto alla luce, sperando per lui una carriera nella burocrazia imperiale, dove i servizi degli eunuchi sono apprezzati e richiesti. Giustino da un buco della Macedonia che si chiama Tauresio, così piccolo e sconosciuto che alle volte nemmeno le più accurate carte imperiali ne segnano l’esistenza.
Il colto e paffuto eunuco e il rozzo soldataccio analfabeta per un misterioso scherzo del destino sono divenuti una coppia improbabile, ma saldissima. Urbicio è una mente sottile, capace di decifrare i più reconditi segnali di intrighi a corte, prevederne gli sviluppi, neutralizzarli. Giustino è un uomo di azione, veloce nelle reazioni quanto semplice nelle analisi. L’uno conosce tutte le sfumature dell’animo umano e sa girarle a suo favore, l’altro conosce solo la netta distinzione fra ordine e caos, ma darebbe la vita per proteggere il primo ed evitare il secondo. Non sono solo amici, sono complementari.
“Si, è compito del Senato scegliere l’imperatore. Ma lei? Pensi che si lascerà mettere in un angolo?”
Giustino aggrotta le sopracciglia: “E cosa può fare? È una donna, non può certo regnare da sola!”
“Tecnicamente no. Ma poi, nella pratica...”
“Che vuoi dire?”
“Che l’Augusta di fatto è lei. Spetta a lei gestire il passaggio del potere, in assenza di eredi. I tempi, i modi. E se, Dio non voglia, il senato non riuscisse a trovare in fretta un candidato, lei potrebbe… sarebbe autorizzata ad imporne uno in maniera molto semplice...”
“Cioè?”
“Sposandolo.”
Giustino e Urbicio sobbalzano. La voce che ha parlato proviene dal fondo della sala. È Anastasio, che è entrato di soppiatto.
Giustino gli pianta in faccia gli occhi, minaccioso: “È questo che vuoi? Diventare imperatore?”
Anastasio sorride: “E chi non lo vuole, a Costantinopoli? Tutti. Certo, eccetto te, Giustino. Sappiamo che tu non hai altre ambizioni che far esercitare nel cortile le tue guardie.”
La mano del comandante scende con uno scatto a brandire l’elsa della spada.
“Signori, per favore, evitiamo di litigare fra noi! - Si intromette Urbicio. - siamo fra uomini civili. Ragioniamo.”
“Sì, ragioniamo, Urbicio. E guardiamo in faccia la realtà. Ariadne non accetterà come imperatore un uomo che non le piaccia. O come marito.” Scandisce Anastasio.
“Te lo ha detto lei?”
Anastasio sorride all’eunuco, sarcastico: “Sì. Siamo ormai una cosa sola.”
Giustino sbotta: “Figlio di puttana, allora è vero quello che dicevano. Sei l’amante della moglie dell’imperatore? Dovresti essere messo a morte per questo!”
“Ora è la vedova dell’imperatore. E io sono un uomo d’onore, sono disposto a sposarla per evitare ogni imbarazzo.”
Gli occhi di Urbicio roteano vorticosamente, come se stesse valutando su una mappa immaginaria visibile solo a lui tutte le possibilità che la nuova informazione apre: “Non è così semplice, Anastasio, e lo sai, o non saresti qui a parlare con noi. Il patriarca. Il patriarca di Costantinopoli. Non accetterà mai che tu diventi imperatore. Lo sa che sei un monofisita. Un eretico. Lo sappiamo tutti. Non ti lasceranno mai sposarla. O ascendere al trono.”
“Vero. A meno che non li convinciamo che è l’unica possibilità che hanno per evitare che l’impero cada nel caos. Nessuno vuole che facciamo la fine di Roma in Occidente, no? Scontri fra candidati, incertezze, barbari che prendono il potere… diciamocelo chiaramente, sono il migliore uomo sulla piazza. E soprattutto sono l’unico che Ariadne accetterà al suo fianco. Ci serve solo un po’ di tempo perché anche gli altri senatori se ne facciano una ragione.”
“Ci?” Chiede Urbicio.
“Vi offro di essere della partita, Urbicio. Tu dovrai tenere sotto controllo il Senato. È la tua specialità convincere gli uomini a seguire i tuoi piani senza che nemmeno se ne accorgano. E quanto a te, Giustino, ho bisogno che le tue guardie non si mettano di traverso. Sarebbe fastidioso dover ordinare una strage per salire al trono. Ariadne e io vogliamo che tutto avvenga nel modo più tranquillo e naturale possibile. Del resto lei è l’imperatrice legittima, nata nella porpora, benedetta da Dio. È a lei che hai giurato fedeltà. Ti chiedo solo di mantenere la tua parola. So che sei un uomo d’onore, per quanto io possa non esserti simpatico.”
“E il patriarca?”chiede Urbicio ancora titubante.
“Lascialo a me e ad Ariadne, Urbicio. Ora dobbiamo muoverci. Giustino, i tuoi servizi sono richiesti dall’imperatrice. Ha deciso di convocare il popolo nel Circo, per spiegare la situazione. Ti vuole come scorta. Sei con noi?”
Giustino guarda negli occhi Urbicio e poi Anastasio. Serra la mascella.
“Sono il capo delle guardie imperiali. È la mia imperatrice. È mio dovere esserle accanto.”
Anastasio annuisce, sorridendo: “Bene, allora. Si va.”
Il patto per portare sul trono Anastasio è siglato, ma ora i congiurati devono guadagnarsi l’appoggio della popolazione di Costantinopoli, da sempre facile alle rivolte. Riuscirà l’imperatrice a conquistare il volubile popolo del Circo?
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Galatea Vaglio: Insegnante, collabora con L'Espresso e cura il blog Il Nuovo Mondo di Galatea. Il suo ultimo libro è Teodora. La figlia del Circo, potete acquistarlo qui.
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