Questo testo è stato scritto da Federico Gilardi, direttore del Centro “C. M. Martini” dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca, in occasione della presentazione di Danteide
Ha una capacità singolare che gli va riconosciuta. L’ho sperimentato in prima persona.
Vagando tra le corsie di una libreria in Bicocca il mio sguardo si posò su un libro che, per titolo e copertina, non aveva nulla per attirare la mia attenzione. Non seguo il calcio; eppure, il volume di Mondadori Strade Blu La partita misteriosamente mi attraeva. In copertina una fotografia di Cesare Galimberti ritrae di spalle Arthur Antunes Coimbra, in arte Zico, e Claudio Gentile, soprannominato Gheddafi dall’Avvocato che ne aveva uno per tutti, durante la partita Italia Brasile del 5 luglio 1982. Macht duro anche a giudicare dallo strappo di venti centimetri sulla maglietta del brasiliano che, non è un caso, intacca il 10, il numero dei più forti, dei vincenti.
Mi bastò leggere il quarto di copertina per passare alla cassa col libro in mano. Quel libro parlava a me e di me. Avevo 10 anni nel 1982 eppure di quel 5 luglio ricordo ancora oggi tutto, pur non avendo seguito la partita in tv. Leggendolo ho ritrovato un mondo, nel quale stava anche il mio.
È così che ho conosciuto Piero Trellini, “il più grande fantasista della letteratura italiana contemporanea”, secondo l’azzeccata ma forse un po’ pomposa definizione che da poco ne ha dato Antonio D’Orrico. Non conosco fantasisti ma me li immagino piuttosto compiaciuti del loro talento. Piero è l’esatto opposto: schivo, timido, gentilissimo.
Eppure, ha dato, proprio in questi giorni, nuova prova del suo talento mandando alle stampe per Bompiani Overlook Danteide, un libro spiazzante che non è come ti aspetti.
Manca poco all’appuntamento con le celebrazioni per il poeta più grande, il Dantedì del 25 marzo, e sugli scaffali delle librerie fanno bella mostra di sé diversi volumi SU Dante. Invero fanno bella mostra di sé anche in cima alle classifiche di vendita, segno che l’interesse per Dante Alighieri (ma poi, si chiamava davvero così?), non si è smorzato mai.
Tornando per un attimo ai Mondiali del 1982. Bearzot, prima della partita con l’Argentina andò a trovare Gentile in camera e gli disse: “Te la senti di marcare Maradona?”. “E che problema c’è?” fu la sua risposta da sbruffone senza paura, salvo poi prendersi a schiaffi e maledirsi dopo che Bearzot era uscito. Rimediò due videocassette dell’Argentina e si studiò Dieguito fino a notte. La volta successiva contro il Brasile Bearzot gli aveva affidato Eder, ma poi nel tunnel annusando le chiacchiere dei brasiliani, all’improvviso gli fa “Zico, prendi Zico”. E lui sorridendo: “Va bene, Eder e Zico, tutti e due”. Me lo immagino così il dialogo tra Piero e gli Editor di Bompiani mentre gli commissionano un libro in previsione dei settecento anni dalla morte di Dante.
Piero accetta perché, da celebrato fantasista, sa come saltare gli “avversari”. A pagina 529 della sua Danteide, scrive: “Ho evitato ovviamente un approccio che pendesse troppo verso l’opera, perché questo avrebbe solo ricalcato, in modo insensato, i lavori altrui. Ma ho escluso anche un proposito biografico in senso classico, perché sarebbe stato altrettanto inutile, non aggiungendo nulla rispetto ai lavori egregi prodotti in questi anni”.
È così che Piero decide di sparigliare le carte della letteratura più ovvia e, come il giocatore bravo che non tiene gli occhi sul pallone ma sul campo, intravede uno spazio libero e si infila, spiazzando gli avversari, incantando il pubblico.
“Non si può capire Dante se si parla solo di Dante, ricostruire la sua vita se si usa lui come fonte, capire il suo mondo se gli si lascia l’ultima parola”.
“Dante”, scrive Trellini, “fonde vita e opera, tra i versi che compone semina rimandi alla sua esistenza attraverso piccoli indizi che, come ghisa incandescente, pesano enormemente e al tempo stesso vanno toccati con la più assoluta cautela”.
“E perché” – si chiederà a questo punto il letto incuriosito.
“Perché Dante, lo avverte Piero, “quando parla di se stesso, tende a tratteggiarsi o a farsi tratteggiare, come un superuomo. È lui il poeta che tutti conoscono, del quale conoscono a memoria i versi, il pronipote di un eroe (Cacciaguida degli Elisei, lo trovate a pagina 77), il discendente di famiglia nobile. Quello che si gettò in soccorso di un bambino che stava annegando in una delle quattro fonti battesimali di San Giovanni a Firenze rompendo con la sua superforza il pozzetto di marmo. Perché nella Commedia si ritaglia il ruolo di everyman, la parte dell’uomo che rappresenta l’intera umanità, ma anche quella di autore della sua stessa epica. Il mitologo di se stesso, narratore e protagonista, protagonista e testimone. Un Superdante. Fu così che contagiò gli altri. E fu così che si fece primo motore delle future leggende. Sentite questa: Dante ha una memoria prodigiosa. Carlo Gabrielli nel 1621 lo descrive seduto assorto davanti al duomo. Viene avvicinato da un concittadino: ‘Qual è il miglior cibo? Gli chiede. E lui: ‘L’uovo’. Un anno dopo l’uomo lo ritrova nello stesso posto: ‘Con cosa? E Dante: ‘Con il sale’.
Trellini decide di accantonare la vita del poeta e di esplorare il mondo in cui, per poco più di mezzo secolo, quella vita ha abitato. Non si è servito di Dante per capire il suo tempo, ma si è servito della storia, anzi delle storie, per capire lui.
Il risultato è un testo per certi versi spiazzante, che è poi il compito del fantasista. Le 520 pagine che fanno il libro sono l’esito di fonti disciplinari eterogenee intersecate tra loro. Tecniche e competenze sovrapposte in un vortice di saperi per ricreare l’aria respirata da Dante.
Che effetto fa leggere il libro? È come indossare quegli occhiali 3D che ti catapultano in un mondo che ti sembra così reale che non solo lo vedi, ma quasi lo tocchi e dentro il quale ci stai da Dio. Ti trovi in mezzo a storie d’amore e d’avventura, pettegolezzi, gran signori e cardinali. E nomi strani: Magalozzo, Ranieri, Vinciguerra, Forese, Piccarda, Bellincione, Pipino di Griccio, Belcortese, Gherardo Cagapisto, Guiscardo, Rossellino, Ramberto, Rengarda, Orabile e Zambrasina che sembrano i protagonisti delle storie bellanesi di Andrea Vitali.
Ma ti capita anche di piangere, come per Paolo e Francesca, che te li ricordi bene perché la loro storia è sublime come quella che - adolescente - hai vissuto solo nel tuo cuore con quella del primo banco. Entrambe le storie, la loro e la tua “i più bei versi che l’uomo scrisse giammai”.
Federico Gilardi, direttore del Centro "C.M. Martini”
Con gli occhi di Dante
Viaggio nel mondo della Divina Commedia
Raffaele Mantegazza, docente di Scienze umane e pedagogiche dell’Università di Milano-Bicocca, e Federico Gilardi, direttore del Centro "C.M. Martini”, dialogano con Piero Trellini, autore del libro “Danteide”, pubblicato con Bompiani (Università di Milano-Bicocca, giovedì 11 febbraio 2021)
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